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Tecnologia 3D: come funziona realmente?

12/12/2011
- A cura di
Tecnologia & Attualità - Scopriamo cosa permette alle moderne tecnologie 3D di funzionare realisticamente, e se rappresentano un pericolo per la nostra salute.

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Esistono rischi per la salute?

Ad oggi non esistono evidenze scientifiche certe e rilevanti a supporto della tesi secondo cui le tecnologie 3D siano responsabili (o corresponsabili) della patogenesi di disturbi e difetti a carico dell'apparato della vista.

Tuttavia, è importante notare che l'assenza di prove a sostegno della tesi non implica la sua totale infondatezza, cioè in altre parole almeno per il momento non siamo in grado di mettere in relazione con certezza i due elementi.

Sono ancora pochissimi, nella letteratura scientifica, i lavori incentrati sugli effetti potenzialmente nocivi della tecnologia 3D.

Studi di carattere generale, tra cui uno finanziato da Samsung e pubblicato sul Journal of Vision, hanno dimostrato che la sensazione di affaticamento visivo riferita dalla maggior parte dei fruitori di tecnologie 3D non è frutto di suggestione. In particolare i soggetti partecipanti al trial che hanno guardato filmati 3D hanno ottenuto punteggi peggiori nei test visivi riguardanti la percezione dello spazio circostante rispetto ai partecipanti inseriti nel gruppo di controllo (che hanno guardato filmati tradizionali 2D).

È stata inoltre notata una possibile correlazione con la distanza dell'osservatore dall'immagine: coloro che avevano osservato filmati 3D in una sala cinematografica hanno risentito dei disturbi in modo nettamente inferiore di coloro a cui sono stati sottoposti filmati 3D a distanze ravvicinate e paragonabili a quelle tra il divano ed il televisore.

Altri studi hanno invece evidenziato le possibili cause dell'affaticamento da 3D. Secondo i ricercatori, infatti, assistendo ad uno spettacolo in 3D le due componenti di un meccanismo riflesso, che ci permette di mettere a fuoco oggetti vicini o in avvicinamento, non sarebbero coordinate come avviene naturalmente. Il riflesso di "convergenza-accomodazione" è un sistema messo in atto dal cervello per adattare il potere refrattivo dell'occhio (accomodazione) e far convergere sull'oggetto vicino l'asse visivo degli occhi.

I ricercatori americani hanno verificato che, durante spettacoli in 3D, il meccanismo di convergenza non viene messo in atto (perché di fatto lo schermo è fisso rispetto alla nostra posizione), ma il meccanismo di accomodazione è continuamente sollecitato.

Mentre questi disturbi sembrano essere solo temporanei, molte persone nutrono seri timori riguardo alle conseguenze permanenti della tecnologia 3D sui bambini. A tal proposito, qualcuno sostiene che l'utilizzo prolungato di questi dispositivi possa condurre nel tempo a strabismo.

Bisogna evidenziare però che, almeno per il momento, non esiste alcun dato scientifico a supporto di queste obiezioni.

Ad oggi il parere del Consiglio Superiore di Sanità e del Ministero della Salute è affidato ad un circolare datata 17 marzo 2010, con cui si ribadisce l'assenza di "controindicazioni cliniche all'utilizzo degli occhiali 3D per la visione di spettacoli cinematografici, purché condizionato a moderati periodi di tempo di visione".

La stessa circolare sottolinea che il Consiglio ha "rilevato che qualche disturbo di ordine funzionale, senza determinare danni o patologie irreversibili, può insorgere in soggetti in tenera età, sia perché la visione binoculare non è presente o non è del tutto consolidata, sia perché essi possono essere affetti da strabismo o da altro difetto visivo (diagnosticato o meno) ".

Il Ministero della Salute inoltre ritiene l'utilizzo di occhialini 3D "controindicato per i bambini al di sotto dei sei anni di età, e che l'utilizzo dei medesimi occhiali anche negli adulti va limitato nel tempo".

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