La fonte è il Wall Street Journal, e la notizia riguarda l'ennesima recrudescenza della lotta al P2P da parte della associazione di categoria delle grosse etichette musicali USA: la Recording Industry Association of America, facendone un'altra delle sue, ha inviato un avviso di "cessa e desisti" ("cease and desist" in inglese) a sette aziende sviluppatrici di altrettanti piattaforme di Peer-to-Peer. La conferma dell'avvenuta ricezione è venuta dalle case dei programmi BearShare, WinMX e LimeWire.
Il quotidiano on-line CNET News.com è riuscito a procurarsi una copia della lettera, che tradotta in italiano recita più o meno così: "Chiediamo che cessiate immediatamente e desistiate nel continuare a permettere e a incitare la violazione delle registrazioni sonore dei membri RIAA. Se volete discutere una risoluzione pre-processuale di queste accuse nei vostri confronti, vi preghiamo di contattarci immediatamente".
La barbarie continua: richiamandosi alla solita sentenza Grokster, che ha stabilito che lo sviluppatore di un software distribuito con lo scopo dichiarato di permettere il download di materiale protetto da copyright è responsabile per la violazione di quella stessa protezione, i discografici tentano clamorosamente di affossare il P2P tout court.
Noblesse obliged, verrebbe da rispondere a Lor Signori... ancora una volta, è utile riportare come, al contrario di Grokster e Morpheus, colpiti dalla sentenza omonima, non vi siano evidenze che i restanti player del settore (qualche nome a caso: WinMX, eMule, SoulSeek, Ares, Shareaza, BitTorrent, ....) si dichiarino attivi partecipanti dell'infrazione del copyright che è potenzialmente possibile compiere sulle reti e grazie alle tecnologie da essi sviluppate.
Quel che è certo è che con questa vera e propria minaccia promulgata senza veli o remore di sorta, i produttori intendono mettere sotto pressione sia le aziende responsabili dei network proprietari che gli sviluppatori open source, che lavorano a progetti aperti al contributo di tutti come il famoso Mulo...
La minaccia lavora su due fronti: prima di tutto fa si che chi non se la sentisse, finanziariamente parlando, di sostenere gli oneri di un processo in tribunale, sia fortemente tentato di accettare il patteggiamento che RIAA così premurosamente offre, e poi costringe chi fosse sicuro della giustezza delle proprie posizioni ad includere nelle spese di gestione dell'Impresa anche un'eventuale causa davanti al giudice. Molto delicata, inoltre, la questione dei software Open: nonostante essi non facciano riferimento ad un'azienda specifica, la loro stessa natura di Software libero potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio, capace sì di difendere l'idea, ma forse non di salvare i singoli coder dalla prospettiva delle aule giudiziarie...
Siamo, è inutile negarlo, ad una situazione paradossale: mentre le azioni legali contro gli utenti delle reti di file sharing dimostrano un'efficacia sempre più dubbia e sempre più contraddetta dai fatti, le mire degli azzeccagarbugli al soldo dei discografici si spostano sui produttori di tecnologie innovative, capaci di influenzare Rete negli anni a venire...
Siamo alla contestazione, a mezzo di avvocati prezzolati, della famigerata "Difesa Betamax", datata 1984, che permise a Sony di dimostrare che la tecnologia in se (nella fattispecie, i videoregistratori compatibili Betamax) non poteva essere considerata responsabile per gli eventuali utilizzi illeciti che se ne potevano fare. Se davvero Santa Crociata dei disco-crociati si rivelasse vincente, a soffrirne non sarebbero solo gli utenti del P2P, ma l'intera tecnologia di scambio dati Rete, che vive di innovazione continua. Innovazione che è nemica dello status quo, che invece RIAA e sodali vogliono cristallizzare in un passato che, a loro opinabile parere, non dovrebbe passare mai...
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