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La trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.
Il colpaccio di Google dell'ottobre scorso fece piuttosto scalpore: YouTube, il portale prediletto dagli appassionati di social broadcasting, veniva acquistato per la ragguardevole cifra di 1,65 miliardi di dollari, facendo nascere parecchie perplessità sulla reale convenienza dell'accordo e la consistenza economica del web dei contenuti autoprodotti (rif. Google Inc. compra il portale YouTube). Dopo 10 mesi, la società esce allo scoperto e annuncia l'intenzione di voler finalmente rientrare dall'investimento per mezzo di pochi secondi di pubblicità sulle clip video ospitate dal portale. L'acquisizione è arrivata infine a costare 1,775 miliardi di dollari totali, e nel tempo ha provocato non pochi grattacapi a Google nel cercare di tenere a bada etichette e media company desiderose di sfruttare l'occasione per far cassa sulle clip illegali: non si contano ormai le cause legali totalizzate da "GoogleTube", e dai 100.000 video cancellati per volere di Viacom alle richieste di rimozione da parte di JASRAC, SIAE giapponese, il gigante californiano ha passato il suo brutto quarto d'ora cercando nel contempo di conquistare la dovuta legittimità laddove possibile tramite accordi con le suddette media company. Un approccio che pare abbia infine pagato, e che tra un po' mostrerà tutti i suoi frutti economici a quanti valutavano non-profittevole l'acquisto di YouTube: su ognuna delle innumerevoli clip video ospitate dietro autorizzazione degli aventi diritto (e si parla di nomi del calibro di Warner music group, News Corp., 20th Century Fox, Time Warner e altri), il portale mostrerà una striscia pubblicitaria semitrasparente, in sovrimpressione nella parte bassa del player flash. Dopo varie sperimentazioni, Google ha scelto questa forma di advertising per disturbare quanto meno possibile la visione della clip, con lo spot trasmesso dopo 15 secondi dall'inizio del video e per la durata totale di 10 secondi. Un click sulla pubblicità semitrasparente metterà in pausa il video originale, facendo partire la trasmissione in sovrimpressione della reclame. L'utente avrà inoltre la possibilità di eliminare del tutto la pubblicità cliccando sulla "x" presente ad un angolo del banner. Semplice, immediato e di facile utilizzo: il nuovo mondo della pubblicità sui contenuti video mima l'esperienza di Google con il programma AdWords, l'autentico motore finanziario dei perduranti successi della società. Per evitare inoltre l'ennesima accusa di pirateria, i banner sono attualmente previsti soltanto per i suddetti video autorizzati, con i ricavi divisi tra gli aventi diritto e Google secondo il principio del revenue sharing: per ogni 1.000 visioni individuali, il proprietario del copyright della clip verserà 20 dollari nelle casse di GoogleTube. Per rendersi conto della portata della nuova iniziativa basta fare un esempio a caso: il video di Leaving New York dei R.E.M., trasmesso sul canale YouTube di Warner Bros. Records, ha al momento di scrivere totalizzato circa 71.000 passaggi. Il che significa che il video vale per Google e Warner Bros 1.420 dollari "puliti", esclusi i costi per la banda necessaria alla trasmissione. Moltiplicare questi numeri per decine, centinaia di migliaia di volte non è un esercizio di fantasia ma la semplice realtà: secondo una stima dello scorso giugno, YouTube ha totalizzato 51 milioni di utenti univoci, e le previsioni di crescita dell'intero settore dei video pubblicitari parlano di un raddoppio entro il 2007. L'accusa che era stata finora rivolta a GoogleTube, quella cioè di non avere un modello commerciale sostenibile e ben definito, parrebbe dunque perdere di consistenza. E i concorrenti? Per quanto il settore dei video on-line sia particolarmente variegato, i numeri di MySpace, Aol, Microsoft e gli altri non sono confrontabili a quelli di Google, e sarà quindi interessante verificare come verrà accolta l'iniziativa dai grandi nomi dell'economia di rete. Segnala ad un amico |
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