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La trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.
Il 2007 potrebbe forse essere l'anno buono per l'abbandono definitivo delle vituperate tecnologie di Digital Rights Management, volgarmente dette "azzoppa-mercato" e lesive dell'intelligenza e della dignità dell'utente-consumatore, costretto dopo aver sborsato il dovuto obolo a sorbirsi l'onanismo mentale dei mega-manager delle major che vogliono ficcare il naso in cose come il numero massimo di copie consentite dei brani legittimamente acquistati e i lettori multimediali autorizzati alla riproduzione. Che le DRM siano un fallimento dalla portata imbarazzante, come già ripetuto dal sottoscritto fino allo sfinimento, è un dato di fatto che non lascia possibilità di appello da sobri (rif. Le DRM? Non servono a niente). Che le sopraccitate etichette discografiche abbiano di recente dimostrato di possedere qualche neurone ancora funzionante è altrettanto pacifico, stando l'attuale disponibilità dell'intero catalogo di EMI, una delle "Big Four" del mercato musicale mondiale, in formato aperto e senza restrizioni di sorta (rif. EMI: musica senza DRM anche su Amazon.com). Tra l'altro il relativo "coraggio" di EMI - che personalmente preferisco definire come voglia di sopravvivere al terremoto del P2P e della distribuzione straripante e invincibile dei contenuti in formato digitale - pare stia ripagando la major: nelle ultime stime comunicate alla stampa, l'etichetta ha fatto registrare un calo complessivo del 5,1% nelle entrate, un nuovo crollo del 20% nelle vendite dei supporti musicali ma un promettente aumento del 26% nei ricavi provenienti dal mercato digitale. La distribuzione di musica DRM-free su iTunes è partita con un ritmo incoraggiate, fa sapere la media company, ed è il segno evidente del fatto che il vero interesse dei consumatori è quello di poter fare ciò che più gradiscono con i propri acquisti, senza che alcuna "restrizione" della malora ci ficchi dentro il naso. Visto il successo di EMI non stupisce che anche Universal Music Group, la più grossa tra le Grandi Sorelle del disco, abbia in questi giorni annunciato di voler provare a vendere musica senza nel contempo trattare i propri acquirenti come pirati potenziali: un'idea, quella di sperimentare con la distribuzione DRM-free, che pare stia riecheggiando nei piani alti della dirigenza UMG sin dall'inizio di quest'anno, e che si concretizzerà in un progetto pilota concernente esclusivamente il mercato nordamericano. I brani verranno venduti tra il 21 agosto e 31 gennaio dell'anno prossimo in formato MP3, al prezzo canonico di 99 centesimi di dollaro e con bitrate determinato da parte degli store coinvolti. Tra questi sono da citare grosse catene e reseller del calibro di Amazon, RealNetworks (che secondo Universal offrirà tracce di alta qualità a 256 kbps), Best Buy e Wal-Mart. Assente giustificato iTunes di Apple: lo store principe della distribuzione di musica digitale, che ha totalizzato il 31 luglio scorso un notevolissimo score di 3 miliardi di acquisti/download è da tempo fuori dalle grazie della dirigenza UMG. La major non gradisce le regole dittatoriali di Jobs, la sua volontà di livellare sempre e comunque a 99 centesimi di dollaro il prezzo dei brani indipendentemente dalla popolarità e dal "valore intrinseco" del pezzo sul mercato, il fatto di non guadagnare un obolo per ogni iPod venduto come invece capita nel caso del lettore di Microsoft Zune e più in generale il mancato controllo totale sulla distribuzione come ai tempi belli della cornucopia di dollaroni insaccati dalla vendita dei dischi. Si potrebbe forse obiettare sulla reale consistenza delle motivazioni di Universal, come ad esempio sul fatto che proprio 99 cent sia il prezzo scelto dalla major per cominciare la distribuzione di MP3 DRM-free, ma al di là delle modalità di vendita rimane il dato di fatto dell'abbandono progressivo ma inesorabile della nave delle tecnologie anticopia, già abbordata con una cannonata fatale per quanto riguarda i tradizionali CD-Audio (rif. Si estingue il DRM dei CD-Audio). UMG, etichetta discografica attualmente di proprietà del conglomerato di media francese Vivendi, controlla la fetta più grossa del mercato musicale con una quota del 25,5%: con un listino di artisti del calibro di U2, Blink 182, Luciano Pavarotti, Elton John e chi più ne ha più ne metta si può star certi che non ci vorrà molto affinché il suo esempio "ispiri" gli altri big player di settore, assieme ovviamente ai dati di vendita più che positivi comunicati da EMI, a mettersi finalmente in salvo dalla colata a picco del Titanic delle tecnologie DRM. Segnala ad un amico |
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